Un invito per de Magistris: Sarri cittadino onorario di Napoli

Ora,” ripresi, “riguardo alla cultura e alla sua mancanza, immaginati la nostra condizione nel modo seguente. Pensa agli uomini in una caverna sotterranea, dotata di un’apertura verso la luce che occupi tutta la parte lunga. Essi vi stanno fin dall’infanzia, carichi di catene al collo e alle gambe che li costringono a rimanere lì a guardare soltanto in avanti…” Platone, Libro VII della Repubblica.

La condizione dell’uomo, secondo Platone, è tutta chiusa in questa scena. Una caverna, le catene, il collo immobilizzato, gli occhi obbligatoriamente rivolti verso la roccia, a guardare immagini che sono solo ombre.

Platone è il fondatore della cultura occidentale. Ha messo in guardia i greci del IV sec. a.C.: non c’è vita senza verità e la verità è il bello e il bello è anche il buono e il giusto. La verità, quindi, non è l’ombra proiettata sulla roccia del mito platonico.

Nella caverna del salotto, sul comodo divano di casa, l’attenzione è tutta rivolta alle immagini che passano sullo schermo televisivo… Cosa appare? L’ombra di un gioco appassionante. L’ombra della velocità e del talento. L’ombra dell’onestà. L’ombra del giornalismo. L’ombra di ciò che in fondo è la nostra vita.

Il destino di Napoli incontra Sarri nell’estate 2015.

Napoli è un non luogo. È l’essere eternamente in sospeso tra la vita e la morte. La gioia più devastante e il dolore più sublime. Una scheggia impazzita della terra, dove senti di essere in paradiso e all’inferno.

Non è una caverna. Tutta affacciata sul mare, è un’eterna via di uscita. Ma non è libera. Non ha catene, pudore, patti da rispettare, ma neppure barche adatte a navigare.

Sarri è il verso di una poesia di Horlderlin: “Voll Verdienst, doch dichterisch, wohnet der Mensch auf diese Erde”

“Pieno di merito, ma poeticamente, abita l’uomo su questa terra”. L’uomo è quel linguaggio che solo nella poesia si schiude autenticamente, apre ogni via di fuga, ogni radura. Il linguaggio di Sarri è il calcio. Legare la vita alla poesia, senz’ guard’ nfacc’ a nisciun’, è il grande merito, l’ultimo merito. Vuol dire legare la vita alla verità.

Napoli incontra con Sarri il suo inconscio. Rivede la bellezza malinconica, la verità tormentata, l’onestà. Trova se stessa. Una catarsi di gioia.

Sarri, il poeta pieno di merito, trova la sua terra. L’unica in grado di abbracciare la sua visione della vita, la sua poesia.

Laddove non riescono le parole, riescono gli uomini, “in diciotto si può fare un colpo di stato e prendere il potere”, così ha dichiarato il 5 novembre 2015. Diciotto elementi, una partitura, una sinfonia. Sono bastati quarantacinque minuti contro il Real, per liberarsi dalle catene. Guardare la verità, prima accecante, abbagliante, poi sublime, estatica. Sono bastati tre anni per inchiodare tutta l’ipocrisia e la violenza di un tempo che non conosce giustizia.

C’è un verso che ci racconta, caro Maurizio, è di un altro grande napoletano, canta così: “ … e prova a vede cu ddint’ a l’uocchio o sole, e co cazon’ rutt’ a parlà e rivoluzion’… e crir’ ancora, e prova a vedè chi t’ ha attaccat’ e man e nu te puo’ girà pecch’ te fann male… e crir’ ancora e crir’ ancora”

Al San Paolo l’azzurro si è fatto sole, ci ha abbagliato, ha mosso la rivoluzione.

Oggi sappiamo perfettamente cosa ci ha attaccato le mani: tutto quello che non riesce a essere poesia.

Chest’è! Tanta roba, come ben sai. Tanta quanto basta al sindaco de Magistris per accoglierti e dichiararti, “comandante” Sarri, cittadino onorario della nostra sorprendente città.

Un auspicio.

 

 

Precedente Risposta a una delle tante critiche sulla presunta scelta di Sarri Successivo Var, il furto del 15% e l'idiozia del ladro

Lascia un commento

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.